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Grande artista è anche colui che stravolge le tecniche, fa brandelli delle norme tradizionali. Tuttavia, per prima cosa, ha imparato quel che distruggerà innovando. Contraddire, frantumare la norma senza conoscerla non porta proprio a nulla. Le norme dunque. L’acquarello è un “genere” che si distingue per l’uso di colori non coprenti; il complesso delle regole, la successione ottimale delle operazioni discendono direttamente da questo dato di fatto.
-L’impostazione, l’abbozzo di partenza deve essere leggero. Si bagna prima il foglio, sempre, in modo da togliere qualsiasi traccia di grasso, e si esegue lo schizzo preparatorio a matita. Abbozzare con carboni o gessi, che si sciolgono con l’acqua, ha come inevitabile conseguenza che si “sporcano” i colori: le tinte risulteranno alterate.
-Terminato lo schizzo si passa alla coloritura, per colori sovrapposti. Se si usa il procedimento detto “a carta asciutta” si deve sempre partire dalle tinte chiare, per arrivare via via a quelle piú scure. I colori non si possono correggere e quindi bisogna riservarsi la possibilità di ritoccarli, pian piano, con passaggi successivi.
-Se si vogliono ottenere stacchi netti tra tinta e tinta, bisogna che tra una velatura e l’altra – ossia dopo ogni passata – il foglio sia lasciato asciugare. Per contro si ripassa a foglio ancora umido quando si vogliono ottenere mescolanza di colori, passaggi cromatici graduati.
-La definizione dei profili e la puntualizzazione dei particolari, che sono una fase finale, vanno eseguite quando la carta è tornata asciutta, in modo da evitare che il segno sbavi.
-Si dà, col pennello, una mano di acqua o di colore con acqua, quando si vuole amalgamare leggermente il lavoro fatto, conferendogli l’intonazione desiderata. In questo caso bisogna procedere velocemente, altrimenti i colori stesi precedentemente possono “muoversi”, sciogliendosi quindi nell’acqua.
-Si lavora su “carta bagnata”, piú esattamente “umida”, per ottenere effetti particolari (acque, nebbie, vaporosità). In questo caso si comincia dai colori intensi e forti. Questi si diluiscono al contatto dell’umidità della carta e consentono sia di dare forti contrasti, sia di ricavare passaggi smorzati e graduali. Ogni successivo intervento deve essere sempre preceduto dall’inumidimento della carta, eseguito con tocco leggero, per non rimuovere i colori già stesi. L’inumidimento va fatto con acqua e pennello ben puliti: regola tanto ovvia quanto facile da disattendere.
Le regole di base della tecnica dell’acquarello, qui sinteticamente anticipate, sono riprese e approfondite, con esempi, nel proseguimento dell’esposizione.
La preparazione del foglio
Risulta essere tradizionale, e pratico, lavorare con il foglio applicato a una tavoletta di legno. Questa sia di dimensioni adeguatamente superiori a quelle della carta.
Il foglio va immerso prima in una bacinella di acqua pulita (1). Altro metodo, forse preferibile, è quello di porlo sotto l’acqua corrente del rubinetto. Bagnato, il foglio va lasciato scolare. Sulla tavoletta in corrispondenza dei margini del foglio – e la posizione
esatta si sarà determinata e segnata in precedenza – si passano pennellate di colla vinilica, o di altro collante per carta, diluita con acqua (2). Si applica alla tavoletta il foglio, bagnato (3), e lo si preme dolcemente con la mano tenuta di taglio, cosí da far lavorare la morbida carnosità del lato interno del palmo. Si pressa infine il foglio con una spugna (4) per far uscire o bolle d’aria o residui di acqua. A lavoro finito, si libererà il foglio tagliando all’interno dei margini incollati.
Sciogliere i colori
Si è detto che i colori si trovano in pastiglie oppure in tubetti. Consideriamo i due casi separatamente. Con i colori in pastiglia, si bagna dapprima abbondantemente il pennello in acqua pulita (1); ci si porta quindi sulla pastiglia e si scioglie e si preleva il colore anche con movimento rotatorio (2). Per rendere il colore piú o meno denso, si passa con il pennello ben carico a una vaschetta di ceramica (3), nella quale sarà possibile dosare altra ac 3 qua pulita. Con lo stesso procedimento si possono mescolare nella vaschetta, insieme con il primo, altri pigmenti.
Con i colori in tubetto il procedimento è sostanzialmente analogo. salvo alcune differenze dovute alla diversa natura del contenitore. Si spreme dal tubetto in una vaschetta una certa quantità di colore (4). Si sa che i colori dell’acquarello tendono ad essiccare abbastanza velocemente al contatto dell’aria. La dosatura della quantità di colore che si spreme dal tubetto deve tenerne conto. Lo spreco, almeno agli inizi, è pressoché inevitabile; anche in questa operazione ci si farà l’occhio con la pratica. Sempre per la stessa caratteristica del colore di essiccare rapidamente è importante richiudere con cura il tubetto dopo ogni prelievo. Un tubetto dimenticato aperto è un tubetto da buttare. Spremuto il colore nella vaschetta, si bagna il pennello e si procede alla diluizione con opportuni movimenti circolari (5).
Anche in questo caso il passaggio alla seconda vaschetta di ceramica (6) consente di aggiungere acqua pulita e di procedere alla mescolanza di vari pigmenti prelevati da tubetti differenti. E una regola fondamentale che ogni volta che si passi a un pigmento diverso si usi il pennello ben pulito. Facendo una mescolanza si avranno varie vaschette, in ciascuna delle quali si è spremuto un pigmento diverso: si “compone” intingendo il pennello nell’una o nell’altra.
In sé i procedimenti manuali descritti e illustrati sono molto semplici. Lasciando da parte per ora iI tema delle mescolanze di pigmenti, di cui si parla ampiamente piú avanti, il nocciolo del problema è quello della giusta liquidità, dell’opportuno grado di diluizione del colore in rapporto a quel che si vuol fare. Ci si arriva per tentativi, facendo delle prove, ripetute fin che si è soddisfatti, su un pezzetto di carta (7).
Con il pennello in mano
Negli ultimi anni Renoir, con le mani semi immobilizzate, dipingeva facendosi legare il pennello al palmo. E un episodio “eroico” di devozione all’arte. Normalmente il pennello si tiene stretto tra il pollice, l’indice e il medio della mano (destra o sinistra secondo le personali predisposizioni), le altre due dita abitualmente servono di appoggio, facendo leva, sul foglio di carta. Questo è quanto si può dire, ma la mano umana è uno “strumento” dalla versatilità indescrivibile a parole. Ciascuno finisce per maturare con l’esperienza l’assetto piú congeniale ed efficace; pur di vari tipi, i pennelli sono sostanzialmente uguali, ma non vi sono due mani identiche fra loro.
E importante invece usare il tipo di pennello adatto all’operazione che si vuol compiere. Se si deve riempire una superficie abbastanza vasta occorre usare un pennello tondo e grande — per esempio, almeno il n. 10 – perché porta piú colore (1). Per piccoli spazi con evidenti “canali” di colore, vale il pennello piatto medio, per esempio il n. 6 (2). Se si devono tirare linee di divisione, o per altri interventi analoghi, si impiegherà un pennello tondo piccolo, quale per esempio il n. 4 (3). Se si vogliono lavorare decorazioni minute, arabeschi, sarà utile un pennello tondo ancora piú piccolo, come il n. 2 (4). Lo studio di queste fotografie può essere istruttivo, ma è solo orientativo.
Le passate parallele
I primi contatti concreti con la carta portano i primi errori: è il modo per imparare a evitarli. Ecco un primissimo “sbagliato” e “giusto”. Movimenti del pennello in ogni casuale direzione e colore troppo denso (1): manca la omogeneità della superficie. Questa si ottiene invece con il colore piú liquido e con un ductus del pennello a equilibrate passate orizzontali (2). E un esercizio da ripetere fino a trovare il ritmo.
Dall’alto al basso
Se si deve stendere il colore su superfici di una certa ampiezza, cominciare dal basso (1) è del tutto scorretto. Occorre invece preparare colore ben mescolato in notevole quantità e cominciare dalla parte alta della zona da colorire. Procedere con gesti ritmici a pennellate parallele, cariche di colore per non lasciare stacchi tra l’una e l’altra (2). Fra l’altro, si evita di toccare con le mani il colore già steso.
Passaggi di sfumatura
Il risultato da raggiungere in questo caso non è la contrapposizione secca di due sfumature (1), ma un fluido incupirsi. Si bagna la carta, si comincia dalla sfumatura chiara e si procede aggiungendo sempre altro colore in quello preparato. Un’esecuzione relativamente rapida, in modo che il colore non asciughi tra una passata e l’altra, porta al risultato della tinta che diventa scura per gradazioni lievi (2).
Staccato
La sbavatura di un colore sull’altro (1), quando si voglia uno stacco definito, non è un incidente inevitabile. Si delimitino con leggero tratto di matita le aree da coprire e si parta dal colore piú chiaro. Solo quando questo è perfettamente asciutto si passi al secondo, stendendolo velocemente con pennellate leggere, e cosi via (2). Si ottengono cosí le interferenze cromatiche di sovrapposizione senza sbavature.
Troppo grande, troppo piccolo
Il pennello troppo grosso rispetto alla superficie su cui si deve lavorare porta imprecisione ed eccessivo carico di colore (1). Al contrario il pennello troppo piccolo non consente di “riempire” uniformemente: il pennello non porta abbastanza colore (2). Il senso automatico del pennello giusto si acquisisce con l’esperienza. Anche il provare sbagliando deliberatamente insegna a trovare le opportune soluzioni.
L’umidità della carta
La carta leggermente umida e il pennello bagnato consentono di diluire, cancellare, eliminare il colore già steso, quando, per pentimento, si voglia togliere o rendere trasparente una parte della superficie appena dipinta (2). Con carta asciutta, il pennello asciutto toglie colore o graffia la superficie già dipinta senza renderla uniforme (1).
Il confronto fra le due illustrazioni risulta efficacemente istruttivo.
Colore e acqua
Un altro esempio della differenza di risultato ottenuta con l’acqua. Con carta asciutta (1) il violetto – si ipotizza di lavorare a un fiore – è sgradevolmente staccato dal successivo cobalto. Su carta umida (2) invece, pennellate di colore di massima intensità e zone di intervallo di sola acqua permettono l’espandersi di un colore nell’altro, nello spirito della tecnica dell’acquarello, senza stacchi rigidi e bruschi.
Pennellata e curve
Le potenzialità del pennello, condotto dal gesto studiato e fluido della mano, regolato dalla piú o meno intensa pressione che si esercita su di esso, devono essere studiate a fondo, con esercizi di addestramento che “sciolgano” la mano e la mente. Quello qui illustrato è solo uno dei molti esercizi che si possono ideare. E ripetere. Il minimo di realismo contenuto nella figurazione – si riconoscono foglie lanceolate – consente un agevole controllo del risultato. E chiaro che si parte con una traccia a matita. Con pennello tondo, caricato di molto colore, si aumenta gradatamente la pressione della mano fino a che la traccia raggiunga, procedendo, la larghezza desiderata. Oppure, con mano leggera e tenuta in posizione obliqua che serve a ottenere una traccia larga, si fa procedere il pennello che scaricandosi lentamente del colore stringe piano piano la sua traccia.
Tocchi sottili
I problemi che si pongono quando si debbano eseguire particolari speciali “al tratto” sono quale pennello impiegare e in che modo. E anzitutto da studiare il ritmo naturale dell’oggetto: in questo caso si tratta di suggerire l’aereo aspetto degli aghi di pino. Si potrebbe pensare che un pennello largo o piatto dia velocemente e con facilità un effetto di massa. E una scorciatoia impraticabile e il risultato deludente.
La via corretta è: carta umida, pennello sottile. Eseguiti i tracciati dei rametti, appena accennandoli, bisogna, con pazienza ma anche con una certa rapidità, dare pennellate sottili e staccate, quasi parallele. Il pennello va tenuto con mano leggera e pressoché perpendicolare. La verosimiglianza si accompagna cosi all’astrazione: è il linguaggio dello stile. Lo stesso metodo si applica, con gli opportuni adattamenti, in molti casi, man mano che l’occhio impara l’analisi delle forme.
Ricerca della curva
Ancora del seguire il “tratto”. Il primo caso (1) è chiaramente sbagliato: in posizione inesatta, il pennello non riesce a seguire la traccia a matita, “contropelo”. Appoggiare gomito e polso sulla carta, tenere il pennello quasi in verticale, provare il movimento a vuoto seguendo la traccia a matita dall’esterno verso l’interno, ossia verso se stessi; appoggiare il pennello sulla carta e procedere velocemente.